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Che tipi, quelli di People

È davvero un onore e un privilegio, poter condividere con le nostre lettrici e i nostri lettori due giornate come quelle appena trascorse a Verona.

Un sabato e una domenica che hanno visto alternarsi sul palco della Fucina Culturale Machiavelli alcuni dei libri e degli autori di cui andiamo più orgogliosi, come Claudia Piras, Espérance Ripanti e Mauro Biani - di cui abbiamo presentato in anteprima il nuovo libro, che non vediamo l’ora di farvi vedere - alcuni tra #ilibrideglialtri che più ci hanno incuriosito, come Banalità di Stefano Bartezzaghi e Storiemigranti di Sio, ospiti graditissimi come Luca Bottura e Roberto Vicaretti - che presto sarà anche nostro autore.  Come se tutto questo non bastasse, abbiamo potuto sentire le parole prendere nuova vita nelle interpretazioni di tre splendidi attori come Andrea Pennacchi, che ci ha dato un assaggio di cosa sarà il suo Pojana e i suoi fratelli, Alfonso Cuccurullo, che ha dato voce e volto alle magnifiche e terribili storie dell’autore misterioso Johannes Bückler, e Elettra Mallaby, che è stata per un’ora l’incarnazione di Sara, la protagonista di Fine.

 

C’è un grande filo conduttore che ha attraversato questa seconda edizione di PeopleFest, che si parlasse dei libri per l’infanzia e del ruolo educativo del benessere animale, della nuova sinistra americana e di cosa può insegnare all’Europa, della questione razziale vista da chi la vive sulla propria pelle e da chi si sente messo in discussione pur da progressista, della rilettura teatrale della pancia profonda di un certo veneto, in un ponte tra Shakespeare e Goldoni, o ancora di Mattarella e del suo rapporto privilegiato coi giovani, a dispetto della sua straordinaria estraneità alle mode e ai vizi della politica mediatica dei nostri tempi, dell’estrema banalità di una società che sembra invece rincorrere l’originalità ad ogni costo, del legame tra la comicità fanciullesca e surreale di Scottecs con le storie di migrazioni che sono una delle tragedie del nostro tempo, della potenza comunicativa e generatrice di significato storico di figure apparentemente minori, vissute ai margini della “Storia”, del rapporto tra l’effimero di una vignetta che dura poco più di un giorno e gli archetipi millenari delle favole, o in ultimo del nostro rapporto con un futuro non solo non molto lontano nel tempo, ma non molto lontano dall’avverarsi, che ci ostiniamo a considerare distopico pur non facendo nulla perché non si realizzi.

 

I libri sono stati, in questi due giorni, uno strumento di confronto tra le persone, un modo per tornare a parlare, a discutere, a dialogare. A immaginare, anche. E a farlo insieme. Ed è questo che accomuna tutti gli interventi del fine settimana. Abbiamo visto persone diverse, che a volte nemmeno si conoscevano, discutere insieme di ciò che li univa e ci unisce, mossi dalla curiosità degli uni per gli altri.

 

Le persone sono storie, idee, immaginazione. È da questo assunto che è nata People, tanto che abbiamo scelto di chiamare così le nostre prime collane. E ciò che ci rende orgogliosi, a poco più di un anno dall’inizio di questa avventura, è che People sta sempre più diventando un popolo fatto di persone. La storia di ognuno è parte della storia di tutti.

 

«Una persona socievole, che cerca la compagnia e il dialogo con i suoi simili», questa è la definizione che gli anglosassoni danno del concetto di people person.

Al termine di questa seconda edizione di PeopleFest, ci sentiamo di ringraziare per prima cosa voi, vicini o lontani che siate, sul palco o tra il pubblico, per essere delle People Person.

 

A presto!

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