Il Super Tuesday e il gatto di Schrödinger
di Francesco Foti
Solo qualche giorno fa, commentando il voto in South Carolina, ho scritto che era troppo presto per parlare di sfida a due tra Biden e Sanders, e troppo presto per dire chi dei due l’avrebbe spuntata. Un po’ ci ho preso un po’ no. Non sono mica un’opinionista da maratona. Loro sapevano già tutto, da sempre.
In ogni caso, il voto di ieri e le reazioni di queste ore ci consegnano un quadro che sembra proprio dire sfida a due tra Biden e Sanders, con il primo in leggero vantaggio, avendo al momento conquistato nel complesso una manciata di delegati in più.
Restano da capire alcune cose, che provo a riassumere.
CONTINUERÀ IL MOMENTO MAGICO DI BIDEN?
Biden ha ottenuto un risultato certamente al di sopra delle aspettative, nel Super Tuesday. Era chiaramente favorito in diversi stati del sud, ma le sue ottime performance in Minnesota, Maine e Massachusetts hanno dimostrato l’enorme potere di persuasione che i media e l’establishment del partito hanno ancora su una buona fetta dell’elettorato democratico. Secondo le indagini di FiveThirtyEight, oltre il 52% delle persone che ha deciso all’ultimo momento per quale candidato votare ha scelto Biden, che invece ha raccolto solo il 21% degli elettori già sicuri del proprio voto.
Sembra difficile negare un legame con il deciso schierarsi dell’apparato dalla parte dell’ex Vicepresidente, non ultimi Buttigieg e Klobuchar, che pare abbiano ricevuto una telefonata da Obama in persona per spingerli a ritirarsi un po’ prima di quanto avessero in mente, e di appoggiare prontamente Biden.
Allo stesso modo, la narrazione mediatica della riscossa dell’ex senatore del Delaware si è dimostrata molto efficace, e non potrà che continuare dopo i buoni risultati di ieri.
D’altro canto, Bernie ha vinto in California, lo stato più ampio e con il maggior numero di delegati del Super Tuesday, oltre al Colorado, lo Utah e il suo Vermont. In Texas e in Maine, peraltro, ha sostanzialmente pareggiato. Non è andata come sperava, stavolta, ma non è ancora il momento di darlo per sconfitto.
Come evolverà il quadro, nelle prossime tornate? I primi dati arriveranno solo nei prossimi giorni, al momento sappiamo che negli stati in cui si voterà la prossima settimana Sanders è dato favorito in Michigan, nello stato di Washington, in Idaho e in North Dakota, mentre è probabile che Biden vinca il Missouri e il Mississippi.
Previsioni che però potrebbero essere smentite. Non solo perché le nuove vittorie di Biden potrebbero allineare su di lui nuovi elettori indecisi, come accaduto ieri negli stati del nord in cui non era favorito, ma perché il quadro dei nomi in campo si va ulteriormente semplificando.
Il che ci porta al punto due.
BLOOMBERG SI TROVA UN ALTRO HOBBY, WARREN PER ORA RESTA IN CAMPO
Bloomberg si è ritirato. Per il suo vanity project pare abbia speso 400 milioni di dollari. Si presume che l'agricoltura nella valle del Nilo sia cominciata attorno al 6000 avanti Cristo. Se un agricoltore della valle del Nilo fosse diventato magicamente immortale, e avesse lavorato ininterrottamente dal 6000 avanti Cristo a oggi, guadagnando quello che guadagna un americano medio e mettendo via la totalità del suo stipendio, non avrebbe potuto guadagnare la cifra che questo personaggio ha speso per il capriccio di giocare a fare il candidato e ottenere la maggioranza (relativa) nelle isole Samoa.
Chi è certamente felice della sua scelta è Biden, perché Bloomberg ha prontamente e non sorprendentemente annunciato che lo appoggerà d’ora innanzi, soprattutto con le sue larghissime disponibilità finanziarie.
Elizabeth Warren, dal canto suo, sembra per il momento intenzionata a restare in campo. La sua campagna, sia chiaro, è totalmente differente da quella del miliardario newyorchese, così come il suo profilo politico, ma resta il fatto che la sua performance è stata fino ad ora molto deludente, basti pensare che è arrivata terza nel Massachusetts, stato di cui è senatrice, e che ha al momento meno delegati di Buttigieg, che si è ritirato prima del Super Tuesday. Ovviamente la sua è una scelta legittima, ma non possiamo non notare come questa finisca inevitabilmente per danneggiare Sanders. Si è visto proprio in Minnesota e Maine, oltre che nel già citato Massachusetts.
Non è scontato, poi, che un suo ritiro significhi automaticamente un endorsement per Bernie. I due sono politicamente vicini, ma ci sono stati attriti tra loro anche di recente, e nel 2016 la Warren appoggiò - un po’ a sorpresa, allora - la Clinton. Staremo a vedere.
Sommando questo dato al precedente sul possibile andamento dei prossimi voti, arrivano al terzo punto.
E SE NESSUNO OTTENESSE UN AMPIO MANDATO?
Al momento, dal mio punto di vista, è Biden ad avere più chance di ottenere la nomination. Sanders ha dimostrato grande capacità di mobilitazione e un appeal enorme presso alcuni segmenti dell’elettorato molto importanti, come i giovani e i latinoamericani. D’altro canto, però, al momento ha dimostrato minor presa, forse prevedibilmente, sull’elettorato “classico” del partito. Molti dei prossimi appuntamenti saranno riservati solo agli elettori già registrati come democratici, non saranno quindi primarie aperte, quelle dove generalmente Bernie dà il meglio di sé.
Al momento, però, non c’è alcuna sicurezza che Biden saprà trasformare questa rimonta in un fuga in solitaria.
Come si diceva domenica, il gatto non è ancora nel sacco. Non è nemmeno fuori, dal sacco, dopo i risultati della nottata. È un po’ un gatto (o un sacco) di Schrödinger, tanto per impiegare una metafora abusata.
Il rischio maggiore, al momento, se dovessi scommettere, è che si arrivi alla convention democratica senza un vincitore assoluto. Magari senza un candidato con una maggioranza netta. E di conseguenza che Biden ottenga una nomination “di apparato”, dettata dall'assemblea dei delegati, più che da una reale spinta popolare. Un esito legittimo, ma che difficilmente potrebbe generare l'ondata di entusiasmo necessaria a qualsiasi candidato per ottenere una vittoria contro Trump comunque molto difficile.
Fanno impressione i dati demografici del voto del Texas, che fanno il paio con quelli già citati delle tornate precedenti. Ancora una volta, Biden dimostra di avere un appeal quasi nullo sull’elettorato giovane. Un segmento demografico spesso messo da parte se non apertamente bistrattato, dalla classe politica, ma che rappresenta oltre un terzo dei suoi elettori. Arrivare alla nomination con un candidato che non ottiene il favore di un nucleo così importante di elettori nemmeno negli stati in cui vince, a mio modesto avviso è un po’ preoccupante.
Per molti versi, rischiamo un quadro simile a quello del 2016. E di conseguenza, rischiamo il medesimo esito nella sfida contro Trump.